Il primo film di assassini incredibilmente sopra le righe che mi viene in mente è Kill Bill di Quentin Tarantino. Il mio DVD si apre con parte della stessa citazione usata dal regista americano:
La vendetta è un piatto che va servito freddo.
Antico proverbio Klingon.
(Che poi in realtà cita il titolo di un western degli anni Settanta, ma Tarantino è fatto così.)
Con la differenza che il mio si interrompe prima: “La vendetta è un piatto che si serve…”. Compare poi la domanda: “Come?” e viene presentato il protagonista Travis, che indossa un cappello da cuoco e regge un menu con un paio di proposte. La citazione che prende in causa il campo culinario si collega letteralmente alla funzione del DVD, infatti ci si trova nella sezione di scelta presente in tutti i film in commercio: il menù.
Attraverso il menù quindi possiamo scegliere che tipo di “gusto” dare al film che stiamo per guardare: Dolce permette di vedere tutto senza dover intervenire con gli eventi in tempo reale, mentre Piccante aggiunge queste nuove funzionalità.
Travis, si sa, non è proprio un gentiluomo e se non dovesse approvare la scelta dello spettatore potrebbe scappargli un insulto. Senza offese ovviamente. Travis è fatto così (come Tarantino).
L’idea di fornire due tipi di fruizione deriva dal fatto che generalmente un film viene visto per rilassarsi, perciò restare concentrati sugli eventi col telecomando sempre in mano potrebbe risultare fastidioso («Che schiappa!»), ma è anche vero che il film in questione dura circa dodici minuti e uno che vuole rilassarsi di certo non lo fa con un action movie («Bella raga!»).
Inoltre il gioco originale ha due differenti gradi di difficoltà: Dolce e Salato, decisamente più originali dei soliti: Facile, Medio e Difficile di tanti altri giochi, perciò l’inclusione di queste scelte sono anche un omaggio al prodotto originale.
Un osservatore attento appassionato di videogiochi noterà molti riferimenti a titoli particolarmente folli nella scena a casa di Travis, dove sulla scrivania saranno presenti le confezioni di:
- Killer 7: un altro gioco prodotto da Suda 51 che affronta la vita di un assassino attraverso le sue sette personalità.
- Viewtiful Joe: un picchiaduro a scorrimento in stile cartone animato incredibilmente esagerato.
- Just Cause: esplosioni e azione caricati all’estremo.
Inoltre sugli scaffali si noteranno molti altri giochi per PlayStation2, pupazzetti e poster dedicati a fumetti e videogiochi e, tra gli altri, i dvd di Kill Bill e Pulp Fiction: entrambe opere del già citato Tarantino.
L’apertura del film è sempre un chiaro riferimento al videogioco originale. Perché la breve introduzione, presentata sottoforma di schizzi da fumetto, richiama lo stile adottato nel libretto di istruzioni del gioco.
Ancora, per sottolineare la personalità di Travis, ad un certo punto accenderà la televisione e sarà sintonizzata su un canale che trasmette un incontro di wrestling.
Nella scena in cui si incontrano per la prima volta Sylvia e Travis in villa, troviamo lei accomodata su una sdraio intenta a leggere un libro. Si tratta di Strategia Oceano Blu, libro consultato anche per la realizzazione della tesi, che raccoglie molti esempi di società che hanno trovato un modo diverso dalla concorrenza per offrire al pubblico i propri prodotti e servizi in una fetta di mercato del tutto diversa dal “solito”. Un’area blu all’interno dell’oceano rosso dove si accaniscono tutti gli “altri”. Non è forse una lettura consigliata per una ragazza che si è inventata un sistema tutto suo per assoldare assassini? Questo dettaglio inoltre viene incontro ai bisogni della storia, perché suggerisce che la bionda ha iniziato da poco questa attività, per giustificare il fatto che Travis non usa ancora la moto (non ha ancora guadagnato i soldi per comprarsela. Nemmeno noi potevamo permettercela) e si confronta con l’assassino classificato al numero dodici, mentre nel gioco la narrazione parte dall’undicesimo. Questo mio breve episodio quindi, se vogliamo per forza collocarlo cronologicamente da qualche parte, si posizionerebbe prima del gioco. Ma non è poi così importante.
Per raccontare una storia da videogioco con il linguaggio del cinema ho voluto fare qualche modifica all’aspetto del protagonista. Ho preferito fargli crescere la barba, segno di una maggiore maturità – in termini di età, non certo di pensiero.
Musicalmente parlando, visto che la colonna sonora originale del gioco è coperta dai diritti d’autore, ho sfruttato dei temi musicali liberamente utilizzabili e una canzone dei LineOut: un giovane gruppo musicale punk rock. Dove è già comparso il nome LineOut? Basta fare attenzione alla maglietta che indossa Travis per vedere il logo del gruppo. Dario, l’attore che interpreta Travis, ne è il cantante principale.
Una chicca per chi ha già giocato a No More Heroes è la suoneria del cellulare di Travis. Al posto del solito trillo, il suo telefono riprodurrà la canzone Heavenly Star dei Genky Rockets. Canzone presente sottoforma di videoclip nel gioco a casa del protagonista.
Ho scelto la canzone The War (La Guerra) dei LineOut come accompagnamento dei titoli di coda perché permette di far riflettere sui temi trattati nel film. Viene cantata in inglese, ma questa è la traduzione delle prime strofe:
Io non capisco la ragione di tutta questa follia
la vita e la morte, due cose non molto diverse.
Ho visto tutti i miei amici cadere uno per uno
credendo che fosse una cosa giusta.Ho visto le loro vite infrante dalle menzogne
ed io ho pensato che questo fosse un crimine!È troppo tardi per tornare indietro
LineOut, The War
è troppo tardi per riguardare quel che hai fatto
è troppo tardi, non si può fare
è troppo tardi, ora tappami la bocca!
Per concludere: se introduco il capitolo affermando che la storia in un videogioco serve a poco, allora tutto questo lavoro non è servito a nulla? Tutto il tempo speso a giocare con No More Heroes, a ideare la traccia per farne un film, girarlo e montarlo è stato tutto tempo perso? Se mi collego a quanto io stesso ho affermato nel capitolo 3.2: “Se una cosa si può fare, non è detto che la si debba fare per forza.” allora sono incoerente o probabilmente ho qualche problema di memoria?
Niente affatto. Io mi sono divertito parecchio in questo lavoro, ed è quello che ci si aspetta da una cosa che appassiona. Se ci si diverte, anche l’esposizione dei casi in studio risulterà più motivata e appassionata. Non è mica detto che divertimento sia necessariamente sempre gioco. Se consideriamo il mio caso specifico è anche gioco. Mi ha ispirato quello che afferma Jordan Mechner:
“La sfida è quella di creare qualcosa che fosse inerente […], ma allo stesso tempo una creazione originale. […] Io considero ogni nuova incarnazione come un lavoro originale, e ho la fortuna di collaborare con gente piena di talento e appassionata che pensa lo stesso. In fondo, questo è il consiglio che do a chiunque sia impegnato in un adattamento attraverso più media: Rispetta ogni medium in egual misura. Ricorda che l’originale è costruito sulle domande, la forza e debolezze del medium sul quale è stato creato – e ti dà la libertà di fare lo stesso.”