Le quattro. Di notte.
Questo è l’orario che il mio iMac sta segnando quasi alla vigilia del giorno stabilito per la stampa della tesi. Fra poco userò il magico comando “Esporta in formato PDF” convinto di una cosa: tutto ciò che è stato scritto fino a questa pagina è frutto di passione, ricerca e anche un pizzico di stravaganza.
Abbiamo appurato alcuni punti principali:
- Che la pratica del videogiocare è gratuita, non prepara alla vita ma è capace di intrattenere con grandissime potenzialità.
- Che talvolta grandi idee nascono in piccole stanzette di brillanti adolescenti.
- Che, se lo accettiamo come uno dei mezzi di espressione di quest’era tecnologica, il videogioco può anche avere valenza artistica. E se anche alcuni sviluppatori sono convinti che non si tratti di arte, l’uso di tecniche espressive usate dalla letteratura, dalla pittura, dal cinema, perfino dall’architettura servono per creare quella grandiosità interattiva in grado di riempire con piacere il tempo libero.
- Che lo stesso videogiocatore è regista della propria partita o direttore dell’orchestra virtuale. Non usa né cinepresa né bacchetta, ma l’occhio, l’orecchio e un paio di pollici sul controller in una sinestesia digitale che aiuta a pensare con le dita.
- Che chi videogioca non ha scoperto un modo rapido per atrofizzare i propri neuroni, ma al contrario li stimola.
- Che si può anche imparare qualcosa dai videogiochi. Senza prendersi troppo sul serio sanno dare più esperienza di vita in una sequenza di gioco che in un centinaio di pagine di un libro.
- Che abbiamo bisogno ci crescere attraverso il gioco.
- Che giocare da soli è bello, ma in compagnia è meglio.
- Che «da grandi poteri derivano grandi responsabilità.» Dipende dall’uso che si fa del videogioco. Il potenziale è enorme, il grado di coinvolgimento è alto. Non bisogna mai perdere di vista il confine tra realtà e finzione.
- Che non sempre videogioco fa rima con violenza gratuita. Esistono due tipi di violenza videoludica: quella banale, messa lì giusto per “allungare il brodo”, e non fa altro che danneggiare l’immagine del medium; e quella stilistica, che ci sta bene, perché è un mezzo di espressione come un altro. Discutibile, certo, ma si può sempre raggiungere un certo grado di finezza. Io non c’ero a quei tempi, ma dubito che quando usciva al cinema un nuovo film di Sergio Leone gli psicologi e i genitori puntassero il dito contro la pellicola accusandola di incitare i figli a regolare i conti col bulletto della scuola con una colt in mano e il colpo in canna.
- Che una medaglia ha sempre due lati, e se uno di questi è brillante e pieno di opportunità, l’altro è molto oscuro. Alcuni videogiochi possono favorire lo sviluppo di malattie, talvolta anche gravi. Bisogna prestare attenzione.
Se li contassimo, noteremmo decisamente più pro che contro. Scagliarsi con forza contro un medium che è ancora in una fase molto giovane del suo sviluppo sarebbe come impedire ad un bambino di crescere.
Approfondire invece gli studi sul videogioco non farà altro che giovare al miglioramento del medium, con grandi benefici. In fondo, persino il cinema è nato inizialmente come “intrattenimento magico” e oggi, di fianco ai mega-film farciti di appaganti effetti speciali, troviamo anche dei documentari molto accurati.
Basta non fermarsi.
Questa tesi finisce qui, perché il tempo stringe e un punto chiaro va raggiunto.
In queste pagine siamo andati over the game, ma adesso è giunto il momento del
game over